venerdì 17 luglio 2009

Caspariello

Gradini di pietra. Fango, umidità e tutt'intorno buio.
Buio fino al punto più alto della lunga scala che, da un vicolo del tenebroso quartiere dei Mercanti, sbuca su un angusto terrazzino.
Ogni notte, di corsa. A perdifiato.
Sfidando il silenzio, la paura, i mille occhi degli impenetrabili bassi.
Ogni notte, per vedere la sua donna.
Ogni notte, per perdersi tra le braccia della sua amante.
Ogni notte.
Fino a quando un pugnale, infilato nella schiena, non rompe l'incanto.
Fino a quando la morte non cancella quella tenera e infinita favola d'amore.

Sangue, violenza, mistero.
E naturalmente passioni, desideri proibiti, tormenti.
Nulla manca nella incredibile storia di una delle figure più amate e temute della Napoli nera.

Nulla, proprio nulla, è stato lasciato al caso nella nascita della famosa e sinistra leggenda partenopea: quella del Munaciello.

Lo spiritello bizzarro che, da tempo immemorabile, circola in almeno il cinquanta per cento delle case della Napoli "bassa", quella cioè che si sviluppa lungo tutto il quadrilatero greco-romano, fino al romantico terrazzo di Marechiaro. Lontano dai fasti della aristocrazia "alta" del Vomero e di via Petrarca. Lontano dalle lussuose residenze della borghesia, ma pienamente a suo agio tra vicoli e bassi del centro storico, nel cuore palpitante della metropoli magica e popolare.

La nostra storia comincia all'alba dell'anno di grazia 1445, in pieno regno di Alfonso d'Aragona.
Stefano Mariconda, giovane e "nobile garzone", si innamora della bella figlia di un ricco mercante di panni, Caterinella Frezza. Il loro amore viene duramente contrastato dalle rispettive famiglie. Ma i due continuano a vedersi, proprio su un terrazzo appartato e buio nel quartiere dei Mercanti. Fino a quando, una mano misteriosa, non decide di porre fine alla "tresca proibita".
Stefano Mariconda viene barbaramente assassinato. Il suo corpo rimane, per giorni, abbandonato nel fetido vicolo che aveva cullato e difeso gli incontri segreti. Caterinella Frezza fugge di casa e si nasconde in un convento, votando al silenzio la sua passione e il suo dolore.
Ancora una pagina, però, si deve scrivere della tormentata e drammatica esistenza dei due amanti napoletani. Dopo alcuni mesi dalla clausura forzata, Caterinella mette al mondo un bambino. Le suore adottano il piccolo che, ben presto, diviene il protetto dell'innominabile monastero. Il figlio di Stefano e Caterinella cresce pochissimo. Ha la testa troppo grande e mostruosa per un corpicino piccolo e fragile. E poi... quel vestito. Caterinella e le suore gli cuciono addosso un abito nero e bianco, da piccolo monaco. Ci vuole poco. Per strada, nei vicoli, tra i bassi cominciano a chiamarlo "lu munaciello". E cominciano ad attribuirgli poteri magici, sovrannaturali. Se il piccolo indossa il cappuccio rosso, realizzato con un pezzo di lana porpora, allora è buon augurio. Dalla giornata ci si può aspettare il meglio. Ma se il piccolo compare con un cappuccetto nero, allora giù bestemmie e imprecazioni: lu munaciello porta sfortuna, diventa annunciatore o, addirittura, portatore di disgrazie. Di casa in casa, di basso in basso, di bocca in bocca: la leggenda del munaciello fortunato o maledetto non può che condurre all'ennesimo epilogo tragico. Il piccolo, come suo padre, viene ucciso in circostanze misteriose. Da quel nefasto giorno la sua anima, la sua ombra, il suo spirito si aggirano per i quartieri del centro antico, da Toledo ai Tribunali, dalla Sapienza a Foria, passando per i cupi bassi di Vicaria, di Mercato, di Porto e di Pendino. Fin qui la sua drammatica vicenda, almeno come vien fuori dalla romantica penna della nota giornalista di Patrasso.

Una delle caratteristiche dello stravagante fraticello è anche quella di dispensare denaro e fortuna. "Quando pigliava a proteggere qualcuno - spiega Luigi Correra, in un piccolo saggio pubblicato alla fine dell'Ottocento, nell'Archivio di tradizioni popolari 'Giambattista Basile' - allora la casa aunnanava comme a l'oro (vi era cioè l'abbondanza dell'oro) il che avveniva quando nella casa vi era qualche fanciulla di cui il folletto si innamorava. Si trovavano in casa oggetti senza sapere donde fossero arrivati, e spesso pure delle vesti per l'amata donzella. Sovente quando ella saliva sul suppegno della casa, s'imbatteva in un vago fanciullo che l'invitava a giuocar seco con de' quattrini, e poi da vero cavaliere gliene faceva presente; e così la sua bella, in breve, si accumulava un bel gruzzoletto".

Spirito imprevedibile, dunque, a Napoli e per Napoli "lu munaciello" rimarrà, per sempre, un fantasma, figlio dell'amore negato, che continuerà a vagare alla ricerca della passione.

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A volte sento nel cuore una felicità inspiegabile: non ne ravvedo il motivo scatenante, zampillo gioia come una fontana che guarda al cielo. Io ho un SOGNO, che è più di niente.